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Tamponamento a catena: chi paga?

  • La Gentile Press
  • 14 set 2016
  • Tempo di lettura: 3 min

La legge distingue l’ipotesi di tamponamento a catena tra auto in movimento e tamponamento a catena tra auto ferme: nel primo caso, l’assicurazione paga a ciascuna solo il 50% dei danni. Non tutti sono al corrente del fatto che, anche in caso di tamponamenti a catena, non esiste un’unica regola per definire le responsabilità e, quindi, il pagamento da parte dell’assicurazione. Esistono, in particolare, due tipi di ipotesi:

tamponamento a catena di auto in movimento: si pensi al caso in cui l’auto A, che circola su una strada dietro all’auto B, C, D ed E frena bruscamente e, di conseguenza, contemporaneamente, B va a sbattere dietro ad A, C va a sbattere dietro a B e D va a sbattere dietro ad E. È, ad esempio, il caso in cui tutte le auto stanno viaggiando su un’autostrada senza rispettare le distanze di sicurezza, per cui l’arresto improvviso di uno dei mezzi fa sì che tutti gli altri, anch’essi in movimento, si tamponino a vicenda;

tamponamento a catena di auto ferme; si pensi all’ipotesi del casello dove A, B e C sono incolonnate. Ad un certo punto, sopraggiunge l’auto D che, non accorgendosi in tempo della fine, finisce addosso all’auto C (prima ferma), la quale, per il colpo, va a finire contro l’antistante auto B (anch’essa precedentemente ferma), che a sua volta tampona A, in testa alla coda e ferma anch’essa. Dicevamo, la responsabilità in questi casi viene disciplinata in modo diverso a seconda del tipo di tamponamento verificatosi, ed a ricordarlo è una recente sentenza del Giudice di Pace di Milano [1], il quale richiama un orientamento ormai costante della Cassazione [2]. In particolare, nel caso di:

tamponamento a catena di auto in movimento, la responsabilità si presume essere di tutti gli automobilisti coinvolti nell’incidente, in pari misura. In pratica, tutti gli automobilisti tamponati e che, a loro volta, hanno tamponato otterranno solo il 50% del risarcimento da parte dell’assicurazione. E questo perché si presume che essi non abbiano rispettato le distanze di sicurezza.

Per ottenere il 100% del risarcimento, l’automobilista coinvolto nel tamponamento dovrà dimostrare – cosa piuttosto difficile da fare – di aver rispettato la distanza di sicurezza rispetto a quello precedente; tamponamento a catena di auto ferme, la responsabilità è solo dell’ultima auto, quella che ha tamponato la penultima e che, così facendo, ha dato origine a tutta la serie di successivi tamponamenti. Quindi sarà l’assicurazione di quest’ultimo a risarcire tutte le auto che, dopo essere state tamponate, hanno a loro volta tamponato il veicolo antistante. A chi va inoltrata la richiesta di risarcimento

In entrambi i casi di tamponamento a catena, non opera la regola del cosiddetto indennizzo diretto. Questo significa che la richiesta di risarcimento non andrà inoltrata alla propria compagnia di assicurazione, ma a quella dell’auto responsabile che:

nel caso di tamponamento a catena di auto in movimento, è quella tamponante (ossia che veniva da dietro); nel caso di tamponamento a catena di auto ferme, è quella dell’ultima auto dietro la fila. Invece, se in una delle auto vi è un passeggero (cosiddetto “terzo trasportato”), questi dovrà inoltrare la richiesta di indennizzo all'assicurazione dell’auto su cui si trovava in quel momento. Quali sono le distanze di sicurezza?

Ricordiamo quali sono le distanze di sicurezza previste dal codice della strada [3]. La legge prevede che la distanza di sicurezza tra due veicoli debba sempre essere parametrata alla velocità, alla prontezza dei riflessi del conducente, alle condizioni del traffico, a quelle planoaltimetriche della strada, alle condizioni atmosferiche, al tipo e allo stato di efficienza del veicolo, all'entità del carico, nonché ad ogni altra circostanza influente.

La distanza di sicurezza deve essere almeno uguale allo spazio percorso durante il tempo che passa tra la prima percezione di un pericolo e l’inizio della frenata.

[1] G.d.P. Milano, sent. n. 4856/16 del 14.05.2016. [2] Cass. sent. n. 4021/2013. [3] Art. 149 cod. str.

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